giovedì 12 maggio 2016

CAMPANIA - GLI SCAVI DI ERCOLANO, LA CITTA' DISTRUTTA DAL VESUVIO INSIEME A POMPEI


Secondo la tradizione mitologica, fu Ercole, di ritorno dalla Iberia, dove aveva compiuto la decima delle sue dodici fatiche catturando la mandria del mostro Gerione, a fondare la città. Da qui derivano il nome latino Herculaneum ed il nome greco Herakleion. Delle origini greche della città non restano che pochi metri delle mura più antiche. I cardini (le vie principali qui parallele al litorale) ed i decumani (le vie secondarie qui perpendicolari al litorale), disposti perpendicolarmente, fanno pensare alla antica Neapolis. I greci di Neapolis e di Cuma dominarono Ercolano a partire dal VI sec. a.C., mentre un secolo più tardi prevalsero i Sanniti, a cui la città rimase legata per alcuni secoli. Tra il II ed il I sec. a.C. Ercolano combatté contro Roma nella cosiddetta "guerra sociale". Nell'89 a.C. fu espugnata da un legato di Silla e, come altri centri vinti e sottomessi, divenne in seguito municipium.  Nel secolo successivo alla conquista, conobbe un notevole sviluppo demografico, politico e urbano, grazie alla sua invidiabile posizione geografica ed al clima assai mite che attiravano i patrizi romani.


Ercolano era una piccola città, la cui superficie urbana doveva essere un terzo di quella di Pompei, ed ospitava una popolazione di 4000-5000 abitanti. Era posta lungo le estreme pendici del Vesuvio, su un promontorio lambito da due corsi d'acqua che a sud si affacciava sul mare. L'aspetto è profondamente mutato soprattutto a causa di due eventi, le eruzioni del Vesuvio del 79 d.C. e del 1631, che incisero profondamente sulla  fisionomia dei luoghi, rialzando il livello del terreno di oltre venti metri rispetto all'antichità. Mentre Pompei era una città prevalentemente mercantile, Ercolano, pur potendo contare su un fiorente commercio e artigianato, era soprattutto un rinomato e signorile centro di villeggiatura. Abbondavano le eleganti dimore patrizie, ricche di raffinate decorazioni, poste in posizione panoramica sulle pendici di verdi colline coperte di vigneti.   


La vita doveva svolgersi con un ritmo blando e rilassato, tipico dei centri scelti dai patrizi romani per i propri ozi, senza le attività commerciali che animavano Pompei. Nel 63 d.C. questa pacifica vita fu interrotta da un rovinoso terremoto che devastò tutta la regione campana. Per risanare gli edifici, gravemente danneggiati, furono necessarie imponenti opere di restauro e, spesso, di ricostruzione. Fu solo il preludio ad una catastrofe molto più grave. Il 24 agosto dell'anno 79 d.C. la città di Ercolano che era ancora un cantiere a cielo aperto per riparare i danni del terremoto, fu travolta da un immenso fiume di fango e detriti prodotti dalla spaventosa eruzione del vulcano, lungo le cui verdi pendici si era sviluppata. Non furono lava, cenere, rocce incandescenti e lapilli come a Pompei, ma il risultato finale fu molto simile. La città fu letteralmente inondata da fango bollente che, nella sua corsa lungo i pendii, spazzò via gran parte di quanto incontrava nel suo cammino, invadendo ogni costruzione.
La popolazione ebbe probabilmente il tempo di cercare di scappare, ma un violento maremoto respinse le imbarcazioni a riva, impedendo loro di prendere il largo. Tale tesi è confermata dal recente ritrovamento di resti umani e di imbarcazioni lungo il litorale.   


Finita l'eruzione, Ercolano era coperta da uno spesso strato di fango che, in certi punti, superava i dieci metri e che ne decretò la cancellazione dalla storia. Abbandonata da tutti, la città non venne mai più ricostruita. Solo più tardi, ai suoi margini e in parte sull'area dove sorgeva, si sviluppò il modesto abitato di Resina.
Paradossalmente, il fango che aveva sommerso la città l'ha preservata fino ai nostri giorni. Infatti, essiccandosi e solidificandosi nel corso degli anni, si è trasformato in una specie di spessa e compatta coltre che, aderendo a ogni singola struttura e suppellettile, ha protetto le vestigia, conservando tra l'altro i piani superiori delle case.    Da un lato, numerose strutture murarie di edifici pubblici e privati sono risultate gravemente danneggiate dall'onda d'urto, dall'altro interi ambienti sono stati riportati alla luce praticamente intatti, non solo nelle murature, ma anche negli arredi (dipinti murali, statue, opere a mosaico, addirittura mobilio). Sono anche giunte fino a noi strutture in legno, un materiale che, in assenza di una adeguata protezione, si deteriora facilmente. La presenza su tutta la città di uno strato duro e compatto ha evitato le spogliazioni da parte di ladri di antichità, date le grandi difficoltà dello scavo. Questi problemi li hanno sperimentati anche gli archeologi che intendevano riportare alla luce la città.   
Fu ritrovata casualmente nel 1709, in seguito allo scavo di un pozzo

 

 

EDIFICI

 La casa del Grande Portale deve il suo nome all'elegante portale di ingresso, incorniciato da colonne in laterizio, con capitelli corinzi decorati da "vittorie". La disposizione degli ambienti interni, che si aprono su un vestibolo coperto, ha fatto ritenere agli studiosi che l'abitazione sia in realtà un rimaneggiamento di una parte della vicina casa Sannitica, eseguito in età imperiale.

 

La casa a Graticcio è così chiamata per la tecnica usata nella costruzione della muratura, con intelaiatura a graticcio in legno o o canne, colmata con materiali poveri e calce ("opus craticium"). Si tratta di un interessante esempio di casa popolare composta da due abitazioni separate e dotate di due ingressi autonomi che venivano affittate da famiglie diverse. E' da notare anche la balconata sorretta da colonne  che corre lungo il lato della strada.
La casa dei Cervi, costruita probabilmente tra il 41 e il 68 d.C., è una delle case più eleganti e raffinate trovate a Ercolano. L'edificio è un ampio rettangolo con il lato maggiore di 43 metri suddiviso in due zone: una settentrionale, comprendente gli ingressi e gli altri ambienti di abitazione, e una meridionale, formata da terrazze affacciate verso il mare e collegate da un quadriportico a finestre. Dall'atrio coperto, con pareti formate da elementi architettonici su fondo nero fino a metà altezza e su fondo bianco nella restante metà, si accede al triclinium, notevole per la raffinata decorazione marmorea che ricopre il pavimento; in questa sala è stato trovato il gruppo scultoreo dei "cervi assaliti dai cani", da cui la intera abitazione ha preso il nome.  Si passa poi nel "cubiculum", con pareti dipinte di rosso e pavimento marmoreo, e da qui a una sala con soffitto a volta, abbellita da uguale decorazione, in cui è stata scoperta la piccola statua del "Satiro con otre". Attraversato il grande giardino, intorno a cui corre un quadriportico a finestre con pavimento mosaicato e pareti decorate da eleganti affreschi raffiguranti "Giochi di amorini", si entra a sud nell'ampio "triclinium" estivo, ai cui lati si apro no due piccole stanze ornate di marmi preziosi, seguito da una loggia con quattro pilatri, affiancata a sua volta da due ambienti: in uno di questi fu trovata la statua dell'"Ercole ebbro".
  
La casa di Argo è una  abitazione sicuramente appartenuta ad una famiglia benestante del patriziato romano. L'aspetto più interessante è il portico scandito da colonne e pilastri che chiudeva su tre lati il giardino. A questo primo peristilio, che venne in luce durante la campagna di scavi del 1828-1855, se ne aggiungeva un secondo, solo in parte recuperato, lungo il giardino; su quest'ultimo poi si apriva un grande ambiente (sala tricliniare), originariamente decorato da un affresco, ora scomparso, raffigurante "Io guardata da Argo", che diede il nome alla casa.   
La casa del mosaico di Nettuno ed Anfitrite è una elegante dimora a due piani, caratterizzata da un elegante "triclinium" estivo con ninfeo, abbellito da alcune decorazioni policrome a mosaico, raffiguranti tra l'altro "Nettuno e Anfitrite" e "Scene di caccia". La bottega annessa alla casa è tra le meglio conservate dell'antichità. Si sono conservate in perfette condizioni le strutture lignee e gran parte dell'arredo.

AUGUSTAEUM

L'articolazione di questo edificio, ancora sepolto sotto la città moderna, è nota grazie alle descrizioni e alle planimetrie delineate nel Settecento, quando fu esplorato attraverso gallerie sotterranee con contestuale asportazione di numerose pitture, sculture e iscrizioni ora conservate nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli. L'edificio, costruito negli anni centrali del I sec. d.C., si configurava come una grande piazza bordata da portici e con  una esedra al centro del lato di fondo, inquadrata da due absidi laterali. Il lato di ingresso era preceduto da un portico ad arcate, compreso tra due grandi archi quadrifronti rivestiti di marmi e di rilievi in stucco. E' questo l'unico settore attualmente in luce e si impone alla vista l'arco quadrifronte orientale; l'arco occidentale solo di recente è riaffiorato dal fango vulcanico al margine nord-ovest dell'area scavata a cielo aperto, durante i lavori eseguiti nell'ambito dell'Herculaneum Conservation Project per riaprire un cunicolo borbonico che collegava il decumano massimo con il teatro. Come tutti i grandi portici pubblici dell'Italia romana, anche quello ercolanese poteva assolvere a molteplici funzione, ma la grande quantità di sculture degli imperatori e di personaggi delle loro famiglie e l'enfasi posta sulla esedra di fondo fanno propendere per la identificazione con un edificio dedicato al culto imperiale (Augusteum). La grande esedra triangolare accoglieva infatti la statua di Tito in corazza, l'imperatore regnante al momento dell'eruzione, fra le statue colossali di due imperatori divinizzati, rappresentati secondo il tipo statuario del Giove Capitolino, restaurate nell'Ottocento con i volti di Augusto e di Claudio, ma che probabilmente dovevano raffigurare Augusto e Vespasiano.

Fin dal momento della sua costruzione, grazie a dediche di statue, raffiguranti imperatori regnanti, imperatori divinizzati e personaggi delle loro famiglie, l'edificio si arricchì di una imponente galleria di sculture. Sono finora attestate otto iscrizioni di dedica di altrettante statue che costituivano un grande ciclo statuario di omaggio alla casa imperiale giulio-claudia, posto a proprie spese negli anni 49-50 d.C. dall'Augustale L. Mammius Maximus, al quale gli Ercolanesi, riconoscenti per questo atto di munificenza, dedicarono  a loro volta una statua di bronzo nel teatro.  Il ciclo statuario donato dall'Augustale (Livia Diva Augusta, Agrippina Minore, Nerone Cesare o Britannico, Divo Augusto, Tiberio, Germanico, Antonia Minore,  Claudia Ottavia, figlia di Claudio e di Messalina, scoperta nel 2008) fu poi aggiornata in età flavia (dediche di statue poste dai decurioni per Flavia Domitilla, moglie di Vespasiano, per Domizia, moglie di Domiziano, per Giulia, figlia di Tito), quando si procedette anche a un rinnovamento della decorazione pittorica dell'edificio.  Molti pannelli con temi mitologici furono asportati dagli esploratori borbonici e, al pari delle sculture e delle iscrizioni, sono conservate al Museo Archeologico di Napoli; fra questi si ricordano i celebri quadri:
  • il ritrovamento di Telefo da parte di Eracle in Arcadia;
  • Achille che apprende l'uso della lira, il più nobile degli strumenti musicali, dal centauro Chirone
  • Teseo vincitore del Minotauro;
  • Medea che medita l'uccisione dei figli;
  • Olimpo che apprende l'uso del flauto dalSileno Marsia.

Molto dibattute sono la disposizione originaria delle pitture asportate e l'interpretazione complessiva del programma ideologico che aveva ispirato la intera decorazione dell'edificio.

 

La casa del rilievo di Telefo, una delle più eleganti e spaziose del quartiere marittimo, è disposta su due livelli;  possiede un atrio colonnato con  frammenti ricomposti di due rilievi raffiguranti corse di quadrighe; le colonne sostengono gli ambienti posti al piano superiore. Dall'atrio, un corridoio conduce al peristilio, che fa da cornice a un giardino abbellito da una vasca rettangolare con fondo azzurro collocata nel centro. Sull'adiacente terrazza scoperta si aprono alcune stanze che conservano parte della originaria decorazione pittorica e musiva; in una di queste si trova la più bella decorazione di casa in marmi colorati, giunti fino a noi dalla antichità. Un a sala più piccola è ornata dal rilievo raffigurante il "mito di Telefo" che ha dato il nome alla casa.



Nei pressi delle Terme Suburbane si apre una ampia terrazza dedicata a Marco Nonio Balbo ed al suo monumento funerario. Questo era rivolto verso il mare e su una base di marmo stava la statua di Balbo rivestita di una corazza.

PIANTA DELLA CITTA'














PLASTICO DELL'ANTICO TEATRO






E' esposto il modello in legno e sughero del Teatro realizzato nel 1808 per scopi didattici da Domenico Padiglione su proposta del soprintendente Michele Arditi.


VISTE DALL'ALTO













Vista dall'alto del Decumano Massimo

 

IL DECUMANO MASSIMO 

Le botteghe

CASA DEI CERVI (14)



 

 


 

 

CASA DEL RILIEVO DI TELEFO (26)










 

CASA DEL GRANDE PORTALE (18)

Decoazioni

 

CASA DELL'ATRIO A MOSAICO

 

CASA A GRATICCIO







 

CASA DEL TRAMEZZO DI LEGNO

 

 CASA DEL MOSAICO DI NETTUNO E ANFITRITE














LA TERRAZZA DI MARCO NONIO BALBO (L)

















Accanto alla Terrazza ci sono le Terme Suburbane 

 

Statua  equestre di Marco Nonio Balbo






Statua in nudità eroica di Marco Nonio Balbo, conservata al Museo Archeologico Nazionale

CASA DI ARGO

AUGUSTEUM



Ricostruzione




Teseo vincitore del Minotauro


Achille che apprende l'uso della lira, il più nobile degli strumenti musicali, dal centauro Chirone




Medea che medita l'uccisione dei figli


 

 

 

IL VESUVIO








Vedere anche:







lunedì 2 maggio 2016

FIRENZE - DUOMO, CAMPANILE, BATTISTERO











DUOMO



Il DUOMO è la quarta chiesa del mondo per dimensioni, dopo San Pietro di Roma, San Paolo di Londra e il Duomo di Milano. La costruzione segue varie fasi:

  • Nel 1296 Arnolfo di Cambio comincia la costruzione di una nuova chiesa al posto dell'antica cattedrale di Santa Reparata. A lui si deve la costruzione della facciata e dei fianchi, a partire da quello alla destra di chi guarda, secondo un progetto che verrà poi ampliato in seguito. Dopo la sua morte (1302) i lavori andarono a rilento.

  • Nel 1331, la responsabilità della costruzione viene affidata ai magistrati dell'Opera, istituzione creata appositamente per soprintendere ai lavori della nuova cattedrale che erano finanziati dall'Arte della Lana  (emblema dell'Agnus Dei che si ritrova spesso nel corso della decorazione; l'emblema dell'Opera è invece la scritta OPA, dove il P indica l'abbreviazione di PER).  

  • Dal 1334 al 1337 Giotto è il capomastro dell'Opera, ma si dedica quasi interamente al Campanile.

  • Dal 1357 al 1364 la direzione è affidata a Francesco Talenti e Giovanni di ;Lapo Ghini, che ingrandiscono il progetto originario; in questa fase si definisce di realizzare la cupola ed i cittadini sono chiamati ad esprimere la loro opinione in merito al cambiamento,

  • Nel 1367 si tiene un secondo concorso pubblico, in cui la cittadinanza, invitata ad esprimersi, privilegia la scelta del progetto presentato da quattro pittori e quattro architetti; si tratta di una vera e propria commissione di esperti, composta da maestri orefici, pittori e scalpellini, appartenenti alle corporazioni dell'Arte della Seta e degli Speziali. Tra gli altri ci sono Andrea Orcagna, Taddeo Gaddi e Andrea di Bonaiuto.

  • Nel 1378 viene completata la volta della navata mediana.

  • Nel periodo dal 1380 al 1421 vengono costruite le tribune ed il tamburo della cupola.

  • Il concorso bandito nel 1418 viene vinto da Brunelleschi che termina la cupola nel periodo 1434-1436.

  • Nel periodo 1445-1461 viene costruita la lanterna con la palla.

  • Il 25 marzo 1436 la cattedrale viene inaugurata da Eugenio IV.


L'interno è a croce latina a tre navate (lunghezza m. 153, larghezza della navata m.38, nel transetto m.90). La prima impressione di nuda semplicità, scevra da ogni decorazione, si cambia poi in ammirazione per le proporzioni controllate e misurabili. Lo slancio delle volte è frenato dal ballatoio, che corre al di sopra delle ampie arcate, continuando sotto la cupola e lungo il perimetro  del transetto. Lo spazio di incrocio nei bracci corti   a forma di trifoglio (a solido sostegno della cupola) è arricchito da cappelle e calotte laterali. L'amplissimo spazio, architettonicamente ben definito, è costituito da semplici e solidi pilastri, fulgidi esempi del gotico italianizzato. La luce penetra dal grande occhio della navata maggiore e dalle lunghe e strette finestre della navata laterale.


Il punto culminante di questo percorso religioso e architettonico è l'area sotto la cupola, definita dal coro e dall'altare maggiore. Sia la cupola, sia il coro, sono intesi, nella loro forma ottagonale, a reiterare il simbolismo del Battistero. La superficie occupata dal coro ha infatti quasi le stesse dimensioni dell'interno del Battistero e ricrea, sotto la nuova cupola, lo spazio sacro più antico di Firenze. La decorazione della cupola voluta, secondo antiche fonti da Brunelleschi a mosaico, doveva rinforzare la impressione di un ingrandimento "all'infinito" del Battistero. Tale decorazione fu realizzata da Giorgio Vasari e Federico Zuccari solo tra il 1572 ed il 1579 e ad affresco, non a mosaico, ma il tema iconografico è lo stesso che troviamo in Battistero, cioè il Giudizio Universale: i 3600 metri quadri di superficie dipinta   illustrano in modo sistematico la fede tradizionale in un Paradiso e in un Inferno, a cui l'uomo accede in base a virtù o vizi coltivati in questa vita, e attraverso un "giudizio" definitivo, una volta terminato il "tempo utile" della storia.  Nella zona centrale, sopra l'altare, si vede il Giudice Cristo Risorto in mezzo agli Angeli che recano gli attributi della sua Passione. Questa raffigurazione, eseguita da Zuccari, era collegata a un gruppo scultoreo eseguito venti anni prima da Baccio Bandinelli per l'altare sottostante: un Cristo morto monumentale, steso sulla mensa, davanti a Dio Padre benedicente.    Queste statue, rimosse nel 1842, costituivano la prima "parola", per così dire, di un messaggio unitario completato nella cupola: sull'altare il credente vedeva Cristo morto, ma, alzando gli occhi, vedeva lo stesso Cristo risorto in gloria.



Santa Maria del Fiore è stata costruita a spese del Comune, come chiesa di "stato" e le opere d'arte lungo le due navate laterali rientrano in un programma civico in onore di "uomini illustri" della vita fiorentina. Tale programma include i monumenti equestri ad affresco dei condottieri Giovanni Acuto (John Hawkhood) e Niccolò da Tolentino, eseguiti rispettivamente da Paolo Uccello nel 1436 e da Andrea del Castagno nel 1456. Il dipinto di Domenico di Michelino del 1465, raffigurante Dante, e i ritratti in rilievo di Giotto, Brunelleschi,e Marsilio Ficino e Andrea Squarcialupi, organista del Duomo, sono opere del Quattrocento e  del primo Cinquecento. Sono invece del XIX secolo i ritratti di Arnolfo di cambio e di Emilio De Fabris.


 

BATTISTERO


Secondo la tradizione, il Battistero era un tempio dedicato a Marte, poi trasformato in chiesa: questa origine pagana è rimasta a lungo caratteristica del monumento, che per i fiorentini del Trecento e Quattrocento rappresentava pur sempre la testimonianza delle nobili origini romane della città. La struttura dell'edificio risale al V secolo d.C.  circa, ma assume la forma attuale solo dopo un rimaneggiamento esterno e interno dei secoli XI-XIII (con reimpiego di materiale marmoreo risalente ad epoca romana, di cui il sito dove sorgono gli edifici dell'attuale piazza era ricco).  

Inizialmente il Battistero doveva essere molto ridotto, anche in proporzione all'antica chiesa di Santa Reparata e si ipotizza che sia stato ampliato con una sorta di recinto nell'XI secolo. Con la crescita economica e politica di Firenze si ritenne di consolidare questo ampliamento, realizzando una copertura e consacrando l'edificio così ottenuto nel 1059, per mano di Papa Niccolò II. Il rivestimento doveva essere, sino a quell'epoca, esclusivamente marmoreo. Alla metà del XII secolo, nell'ambito di un progetto di ingrandimento dell'edificio, furono collocate le colonne di granito (di spoglio) e fu innalzato l'attico sotto la cupola; nel 1174 fu creata la lanterna.

Nei secoli XII e XIII la nuova struttura, ampliata con l'aggiunta della cupola monumentale e della "scarsella" (l'abside rettangolare a ovest), divenne motivo di orgoglio cittadino: Dante lo chiama "il mio bel San Giovanni". Tra il XIV e il XVI secolo furono collocate le opere scultoree, per le quali il Battistero è celebre: le tre porte bronzee e i gruppi di bronzo e marmo sovrastanti le porte, opere che complessivamente illustrano le storie bibliche, su cui il battezzato è invitato a meditare per vivere bene la sua fede. La più antica delle porte è quella ora a sud, raffigurante la vita di san Giovanni Battista, titolare del Battistero e patrono della città: opera di Andrea Pisano, fu terminata nel 1336. Segue quella a nord, eseguita da Lorenzo Ghiberti tra il 1402 ed il 1425, con scene della vita di Cristo. Infine la "Porta del Paradiso" (come la denominò Michelangelo, secondo il racconto di Giorgio Vasari), a est, con scene tratte dall'Antico Testamento, modellate e gettate dal Ghiberti dal 1425 al 1450 (oggi sostituite da copie).  


IL CAMPANILE


Eretto sul filo della facciata della cattedrale, è impreziosito da marmi bianchi, rossi e verdi. E' alto 84,75 metri ed ha una scala di 416 gradini. E' uno splendido esempio dell'architettura gotica fiorentina, a pianta quadrata, impostato su solidi pilastri laterali. Fu iniziato da Giotto nel 1334, che vi lavorò fino alla prima zona. Dopo la sua morte nel 1337, fu continuato dal suo allievo Andrea Pisano nei due piani superiori, dalle belle bifore. Nel 1348 gli successe il Talenti che lo concluse nel 1359. Alterando il progetto di Giotto, questi terminò il campanile con una panoramica terrazza dal parapetto traforato, dal cornicione aggettante su mensoline ed archetti trilobati. Le sculture dei Santi e dei Profeti, tra cui l'Abacuc di Donatello, un tempo nelle nicchie superiori si conservano nel Museo dell'Opera del Duomo, con le formelle del basamento, raffiguranti "Scene della Genesi" e le "Attività dell'uomo", di    Andrea Pisano, su disegno di Giotto, sostituite dai rispettivi calchi.



SANTA REPARATA

Nella seconda campata della navata, a sud, una scala scende agli scavi di Santa Reparata, l'antica cattedrale. Sono visibili i resti delle costruzioni romane , su cui l'edificio sorse nel V secolo, parte della pavimentazione paleocristiana a mosaico ed elementi delle ricostruzioni e degli ampliamenti successivi della chiesa fino alla seconda metà del Trecento, quando essa fu definitivamente sostituita da Santa Maria del Fiore..  






--------------------------------------------------------

IL DUOMO






















Vista dal lato sinistro








Vista del lato destro






 

La cupola vista dal campanile










INTERNO DEL DUOMO




Gli affreschi della cupola





Intercapedine tra le due calotte: scala di accesso dal secondo al terzo camminamento; a destra si vede l'estradosso della calotta interna; a sinistra si vede l'intradosso della calotta esterna.




























Niccolò da Tolentino




Giovanni Acuto



LA LANTERNA








Vista dell'interno della Lanterna



BATTISTERO




"La Porta del Paradiso" di Lorenzo G

 

 


































LA NUOVA ILLUMINAZIONE DI VITTORIO STORARO









MUSEO DELL'OPERA DEL DUOMO




Ricostruzione della parte sinistra della facciata della antica cattedrale
Ricostruzione lignea della facciata dell'antica cattedrale







"La Madonna con gli occhi di vetro" di Arnolfo di Cambio


La Pietà di Michelangelo







 Bonifacio VIII





Cantoria di Donatello











IL CAMPANILE




Filippo Brunelleschi
Arnolfo di Cambio

 

 VISTE DAL CAMPANILE






Vista verso Palazzo Vecchio 
 Vista verso Santa Maria Novella

 

SANTA REPARATA











IMMAGINI CARATTERISTICHE






Il complesso monumentale del duomo visto da via de' Pecori



L'Arno ed i ponti


IL CORRIDOIO VASARIANO








VISTA DALL'ALTO








UN POCO DI STORIA 

Domenica 26 aprile 1478, durante la messa celebrata dal cardinale Riario in Santa Maria del Fiore, al momento solenne della elevazione, mentre tutti erano inginocchiati, scattò l'agguato a Lorenzo e Giuliano de' Medici. Giuliano rimase ucciso, mentre Lorenzo, sia pure ferito, accompagnato dai suoi scudieri Andrea e Lorenzo Cavalcanti, riuscì a rifugiarsi nella Sacrestia ed a chiudere le pesanti porte. 

La vendetta di Lorenzo fu feroce. Poche ore dopo, Francesco de' Pazzi e l'arcivescovo di Pisa Francesco Salviati penzolavano impiccati dalle finestre del Palazzo della Signoria. Anche Jacopo de' Pazzi venne impiccato alcuni giorni dopo.



Notizie sulla CUPOLA

Da "Brunelleschi" di Giuseppe Fanelli

Già nel 1404, Brunelleschi era stato chiamato a fare parte di una commissione per dare consigli circa il modo di costruire gli speroni delle cappelle absidali del Duomo.  Nel 1418 viene bandito un concorso per modelli e disegni riguardanti l'esecuzione della cupola. Non essendoci un vincitore, si procede ad ulteriori accertamenti. Nel 1420, il Brunelleschi, il Ghiberti e il capomastro Battista d'Antonio vengono nominati provveditori sopra la costruzione della cupola.

I termini entro cui deve realizzarsi la costruzione sono stati stabiliti dagli interventi precedenti. Dopo il progetto di Arnolfo di Cambio, con il quale si era iniziata la costruzione nel 1294, i lavori avevano subito alterne vicende, e modifiche essenziali al progetto erano state apportate con la direzione di Francesco Talenti alla ripresa dei lavori nel 1357. Dimensioni e forma della cupola, altezza, larghezza e sesto, erano state decise come definitive con una ordinanza del 1367: a queste chi lavora all'Opera sarà obbligato ad attenersi.

Queste misure avevano stabilito tra altezza totale della cupola e diametro alla base un rapporto di 2:1, in coerenza con il sistema modulare del Duomo. Tra il 1410 e il 1413 era stato costruito il tamburo ottagonale, rialzando di circa tre metri le misure stabilite in precedenza. In questo momento delicatissimo di giunzione tra la costruzione preesistente e ulteriore slancio verticale della struttura poté forse essere determinante l'intervento del Brunelleschi stesso. Dal tempo del Pantheon non esistevano esempi  di cupole di tali dimensioni. Erano mancate esperienze pratiche e la fiducia in tali strutture era stata grandemente scossa, quando la cupola di Hagia Sofia (Costantinopoli) era crollata nel 1436. Nel 1400 i fiorentini avevano dovuto rinforzare le strutture del Battistero, perché davano segni di cedimento.

Il realizzare una armatura lignea e centine adatte alle dimensioni della cupola, come in sostanza proposero ancora gli altri concorrenti, come il Ghiberti, nel concorso del 1418, comportava problemi tecnologici, tecnici ed economici enormi. Anziché recuperare tecniche precedenti, Brunelleschi inventa una tecnica, fondata tuttavia sul "modo di murare" dei romani e anche delle esperienze medioevali (oriente). La portata del contributo del Brunelleschi alla realizzazione della cupola consiste sostanzialmente nella applicazione di una grande mente alla risoluzione di un problema già definito da indicazioni generali.  






Firenze è stata spesso celebrata nelle canzoni:


"Firenze sogna"


"Mattinata fiorentina"


"Porti un bacione a Firenze"






Vedere anche:


AREZZO
https://johncristiani.blogspot.com/2019/02/arezzo-gli-affreschi-di-piero-della.html