DESCRIZIONE
L'ARA PACIS
Quanto sappiamo sull'altare dedicato alla Pace Augusta ci è stato tramandato dallo stesso imperatore:
"Quando tornai a Roma dalla Spagna e dalla Gallia, compiute felicemente le imprese in quelle province, Nell'anno del consolato di Tiberio Nerone e Publio Quintilio, il Senato decretò che, in onore del mio ritorno, venisse consacrata l'Ara della Pace Augusta presso il Campo Marzio e dispose che i magistrati, i sacerdoti e le vergini Vestali vi compissero ogni anno un sacrificio". (Res Gestae 12,2)
L'altare è dedicato a Pax, una divinità valorizzata dalla politica augustea, che l'altare intende esaltare nel suo aspetto universale, garantito dalla figura dell'imperatore, come indica l'aggettivo; il decreto che sancisce la costruzione dell'Ara viene emanato nel 13 a.C.; l'occasione storica è il ritorno di Augusto d'oltralpe, dopo tre lunghi anni trascorsi lontano da Roma per amministrare due regioni di importanza fondamentale per la sicurezza e la prosperità dell'impero; il dedicante è il Senato, ormai devoto all'uomo uscito vincitore da decenni di lotte civili; designati a celebrare il culto della Pax Augusta sono i principali rappresentanti dell'apparato statale e religioso romano; infine il luogo di realizzazione è il Campo Marzio, che, nella sua parte settentrionale, consisteva allora in una ampia e verde pianura, da poco utilizzata da Agrippa e dallo stesso Augusto. Qui l'Ara Pacis venne inaugurata nel 9 a.C.
L'ISOLA TIBERINA, detta LA NAVE DI ESCULAPIO
Sono diverse le leggende che aleggiano sulle origini della Isola Tiberina. Tra queste, forse la più suggestiva quanto fantastica, racconta di una grande barca incagliatasi nel mezzo durante una alluvione e riempita in seguito di sabbia dalla corrente. Su quella, per successivi depositi, si sarebbe innalzata l'isola. I geologi offrono una spiegazione scientifica. L'Isola Tiberina, o Isola di San Bartolomeo, ha una origine molto più antica: le sue radici sono costituite da roccia vulcanica, su cui si sono andati accumulando strati alluvionali, oppure niente di più facile che una antichissima piena del fiume ne abbia duplicato l'alveo, lasciando al centro quella piattaforma affusolata, lunga trecento metri e larga un centinaio. Di certo, l'isola ha proprio la forma di una nave, quella salutare di Esculapio, dio della Medicina.
Nel III secolo a.C., durante una pestilenza, i Romani si recarono con una nave a Epidauro, per conoscere la via di scampo al flagello. Ma quando, dalla trireme che tornava risalendo il Tevere, all'altezza dell'isola sgusciò fuori un grande serpente, simbolo di Esculapio, quello fu il segno che a lui doveva essere consacrata. La peste cessò, appena fu costruito il tempio dedicato al dio della medicina. Attiguo al tempio un asklepieion, ospedale per la cura delle infermità. In seguito l'ospedale fu tenuto da monache benedettine, fino a quando il loro posto fu preso dal nuovo ordine religioso dei Fatebenefratelli. Ai tempi della romanità classica, alla forma naturale dell'isola si aggiunse l'estro dell'uomo che modellò quella striscia di terra fra le acque, dandole espressa forma di una nave. A prua, secondo alcuni il tempio di Giove Giurario, a poppa il tempio di Esculapio e i reati del tempio di Giove Licaonio, al centro un obelisco a simulare l'albero di maestra, ai lati le fiancate in blocchi di travertino scolpito.
L'isola Tiberina, a prima vista, può anche suggerire una idea di rovina, per lo più giustificata dalle ricorrenti inondazioni disastrose del Tevere, ultima in ordine di tempo quella del 1870 con Roma appena divenuta capitale.
Nel III secolo a.C., durante una pestilenza, i Romani si recarono con una nave a Epidauro, per conoscere la via di scampo al flagello. Ma quando, dalla trireme che tornava risalendo il Tevere, all'altezza dell'isola sgusciò fuori un grande serpente, simbolo di Esculapio, quello fu il segno che a lui doveva essere consacrata. La peste cessò, appena fu costruito il tempio dedicato al dio della medicina. Attiguo al tempio un asklepieion, ospedale per la cura delle infermità. In seguito l'ospedale fu tenuto da monache benedettine, fino a quando il loro posto fu preso dal nuovo ordine religioso dei Fatebenefratelli. Ai tempi della romanità classica, alla forma naturale dell'isola si aggiunse l'estro dell'uomo che modellò quella striscia di terra fra le acque, dandole espressa forma di una nave. A prua, secondo alcuni il tempio di Giove Giurario, a poppa il tempio di Esculapio e i reati del tempio di Giove Licaonio, al centro un obelisco a simulare l'albero di maestra, ai lati le fiancate in blocchi di travertino scolpito.
L'isola Tiberina, a prima vista, può anche suggerire una idea di rovina, per lo più giustificata dalle ricorrenti inondazioni disastrose del Tevere, ultima in ordine di tempo quella del 1870 con Roma appena divenuta capitale.
Dell'aggrovigliata storia dell'isola nel Medioevo, resta un complesso di edifici, sovrastati dalla torre mozza dei Caetani. Il castello della famiglia Pierleoni sorse prima dell'anno Mille. Con la decadenza di questa famiglia, il castello passò nel 1200 ai Caetani e tale rimase fino alla terribile alluvione del 1557 che semidistrusse gli edifici dell'isola e la stessa chiesa di san Bartolomeo. Ciò che rimase dell'edificio fu donato ai Francescani che vi fondarono un convento, affittato nel 1870 all'Ospedale Israelitico. Una atmosfera ascetica caratterizza la chiesa di san Bartolomeo. Qui, secondo la tradizione, è sepolto il corpo dell'apostolo Bartolomeo, fortunosamente rinvenuto in Oriente.
Una visita ai luoghi storici del Fatebenefratelli riserva alcune sorprese: la bella chiesa barocca di san Giovanni Calibita, poi, nell'aula della scuola medica, la lunetta della Flagellazione di Cristo, il superbo dipinto di Mattia Preti.
Fondato verso la fine del '500 dai discepoli del portoghese San Giovanni di Dio, l'ospedale Fatebenefratelli riceve fin dagli inizi una impronta di avanguardia. Lo testimoniano Il "registro dei ricoverati2, Le "cariole", vere e proprie antenate delle nostre ambulanze, e la "carta de memoria", paragonabile alla nostra cartella clinica. L'isola Tiberina svela così la sua anima e forse la sua vocazione.
IL GHETTO
Il ghetto ebraico di Roma è tra i più antichi ghetti del mondo: è sorto infatti quaranta anni dopo quello di Venezia, che è il primo in assoluto. Il 12 luglio 1555, il papa Paolo IV, al secolo Giovanni Paolo Carafa, con la bolla Cum nimis absurdum revocò tutti i diritti concessi agli ebrei romani ed ordinò la istituzione del ghetto, chiamato "serraglio degli ebrei", facendolo sorgere nel rione Sant'Agnese, accanto al Teatro Marcello. A unire l'isola alla terraferma, due sono i ponti, vetusti, ma solidi: il Cestio, che la collega con la sponda di Trastevere, e il Fabricio, o ponte Quattro Capi. Il Fabricio, che fu costruito nel 62 a. C., è il più antico ponte di Roma giunto fino a noi pressoché intatto Il Cestio invece, eretto nel 46 a.C. da Lucio Sestio, è stato in buona parte rifatto verso la fine dell'Ottocento. Ma è il Ponte Rotto a calamitare l'occhio. Si tratta di un pittoresco rudere, una unica arcata superstite dei numerosi crolli del ponte Emilio del 179 a.C., rifatto in epoca papale Il cae rovinato alla fine del '500.
Passeggiare nell'ex ghetto ebraico è una vera e propria full immersion nel mondo della romanità. Qui, però, sono presenti anche una serie di elementi esotici , che si sono integrati alla perfezione con gli usi e costumi capitolini. Piazze piene di vita, colori e sapori davvero unici nel panorama italiano, che restituiscono a visitatori e residenti uno spaccato veramente singolare di quella che doveva essere la capitale nei secoli scorsi, quando i cittadini di origine ebraica risiedevano tutti in questa zona. Irrinunciabili, ad esempio, una suggestiva passeggiata alla scoperta del Portico di Ottavia, del Tempio Maggiore o un pranzo a base di prelibatezze kosher.
Passeggiare nell'ex ghetto ebraico è una vera e propria full immersion nel mondo della romanità. Qui, però, sono presenti anche una serie di elementi esotici , che si sono integrati alla perfezione con gli usi e costumi capitolini. Piazze piene di vita, colori e sapori davvero unici nel panorama italiano, che restituiscono a visitatori e residenti uno spaccato veramente singolare di quella che doveva essere la capitale nei secoli scorsi, quando i cittadini di origine ebraica risiedevano tutti in questa zona. Irrinunciabili, ad esempio, una suggestiva passeggiata alla scoperta del Portico di Ottavia, del Tempio Maggiore o un pranzo a base di prelibatezze kosher.
Passeggiando nei pressi del Lungotevere e addentrandosi in una caratteristica via contigua è possibile visitare il Tempio Maggiore. Questo edificio si presenta come un complesso di due piani dalla base quadrata. E' sormontato da una grande cupola, che gli conferisce un'aria a dir poco unica nella zona. La sinagoga del ghetto di Roma è soprattutto un luogo di preghiera per la comunità ebraica e, al tempo stesso, un importantissimo punto di riferimento per tutti i suoi membri. Nei sotterranei di questo edificio anche i turisti possono trovare straordinari luoghi di interesse, come il Museo Ebraico e il tempio spagnolo: un piccolo luogo di culto antico che rivela stili e tendenze architettoniche uniche. La sinagoga fu progettata e finita di costruire nel 1904 dagli architetti Osvaldo Armanni e Vincenzo Costa, i quali si ispirarono per il loro progetto a motivi e stilemi di origine assiro-babilonese. Esattamente come prevedeva il loro piano originario, inoltre, questo edificio risulta visibile da ogni punto panoramico della città: una trovata che fa della sinagoga una delle immagini simbolo del ghetto.
Il Portico di Ottavia è situato a qualche decina di metri dal Tempio Maggiore. Questa infrastruttura risale al periodo imperiale, in particolare al II secolo a.C. Si tratta di uno dei monumenti di maggiore interesse nella zona del ghetto ebraico, benché non abbia niente a che v edere con questa cultura. Durante il Medioevo furono edificati, esattamente in corrispondenza delle rovine del portico, un grande mercato del pesce e una chiesa. Una passeggiata tra questi edifici permette di ammirare un vero e proprio caleidoscopio di stili e tendenze architettoniche, risalenti ad epoche completamente diverse tra loro. Dal Portico di Ottavia, in particolare, si accede direttamente al Teatro Marcello, il cosiddetto "piccolo Colosseo", in quanto assomiglia all'Anfiteatro Flavio, ma con una struttura semicircolare e dimensioni ridotte. Ammirando questi splendidi monumenti, è impossibile non notare i tantissimi ristoranti, dedicati alla cucina kosher, la più tradizionale cucina ebraica. Questo millenario stile culinario non è altro che un insieme di regole di origine religiosa, sulle quali da sempre si basa la nutrizione degli Ebrei osservanti.
Il Portico di Ottavia è situato a qualche decina di metri dal Tempio Maggiore. Questa infrastruttura risale al periodo imperiale, in particolare al II secolo a.C. Si tratta di uno dei monumenti di maggiore interesse nella zona del ghetto ebraico, benché non abbia niente a che v edere con questa cultura. Durante il Medioevo furono edificati, esattamente in corrispondenza delle rovine del portico, un grande mercato del pesce e una chiesa. Una passeggiata tra questi edifici permette di ammirare un vero e proprio caleidoscopio di stili e tendenze architettoniche, risalenti ad epoche completamente diverse tra loro. Dal Portico di Ottavia, in particolare, si accede direttamente al Teatro Marcello, il cosiddetto "piccolo Colosseo", in quanto assomiglia all'Anfiteatro Flavio, ma con una struttura semicircolare e dimensioni ridotte. Ammirando questi splendidi monumenti, è impossibile non notare i tantissimi ristoranti, dedicati alla cucina kosher, la più tradizionale cucina ebraica. Questo millenario stile culinario non è altro che un insieme di regole di origine religiosa, sulle quali da sempre si basa la nutrizione degli Ebrei osservanti.
IMMAGINI
L'ARA PACIS
IL "CONTENITORE" DI RICHARD MEIER
L'ARA PACIS: VISTA DEL LATO ANTERIORE
L'ARA PACIS: ALTRE DECORAZIONI
Decorazioni del lato sinistro
Decorazioni sulla parte posteriore
Vista del lato posteriore
INTERNO
BUSTI
LA FONTANA
IL MAUSOLEO DI AUGUSTO
Agrippina Minore era figlia della coppia più popolare e amata di Roma: Germanico, nipote e figlio adottivo dell'imperatore Tiberio, nonché candidato alla successione, e Agrippina Maggiore, la nipote favorita di Augusto. Il futuro della coppia venne spezzato in modo drammatico, quando la piccola aveva solo quattro anni: il padre morì avvelenato in Siria, un crimine che la madre attribuì allo stesso Tiberio, preoccupato per la crescente popolarità di Germanico in seno all'esercito. Indipendente dalla sua responsabilità nel crimine, Tiberio negò al figlio adottivo gli onori di un funerale pubblico.
La moglie, l'indomita Agrippina Maggiore, giunse dall'Asia con le ceneri del marito e lo fronteggiò apertamente. Con grande dignità tenne in mano l'urna con le ceneri e, in compagnia dei figli e di una numerosa folla di cittadini afflitti, attraversò in silenzio le strade di Roma, fino al Mausoleo di Augusto. Qui depose le ceneri. Tiberio non le perdonò mai un simile affronto e tramò la sua vendetta. Pochi anni dopo, fece uccidere i suoi due figli maggiori e la esiliò in una isola, dove la donna morì di inedia. Agrippina Minore visse tali orrori che la turbarono e lasciarono nel suo cuore una traccia indelebile, con affranta impotenza. Decise duque di non sfidare il potere e di tutelarsi nella discrezione del matrimonio.
L'ISOLA TIBERINA
IL PONTE FABRICIO
VISTE DALL'ALTO
SAN BARTOLOMEO ALL'ISOLA
IL TEVERE
IL GHETTO
LA SINAGOGA
ALCUNE VIE
Piazza delle cinque Scole con la fontana (asciutta)
Via del Portico diOttavia
Il Portico diOttavia
Scorcio del Teatro Marcello
VILLA BORGHESE
GALLERIA BORGHESE
IL PARCO
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