UN POCO DI STORIA
Giovanni di Bicci de' Medici (1360 -1429) fu il primo esponente di spicco del ramo centrale dei Medici.
Baldassarre Cossa fu eletto papa con il nome di Giovanni XXIII il 10 maggio 1410 dal Concilio di Pisa. Amico di Giovanni Bicci de' Medici, fece accedere i Medici
all'attività della Camera Apostolica, permettendo al loro Banco di
riscuotere le decime e ricavarne una percentuale, una opportunità
che accrebbe notevolmente le fortune della famiglia.
DA REPUBBLICA A GRANDUCATO
Se i Medici, dopo diciotto anni di esilio, poterono
ritornare a Firenze e guidare di nuovo la politica della città, lo
dovettero a Giovanni de' Medici, il futuro papa Leone X. Figlio del
Magnifico, era stato nominato cardinale a dieci anni. Giovanni, che
rappresentava Giulio II presso la Lega Santa, si impose affinché il
governo repubblicano del Gonfaloniere Soderini fosse rovesciato. Ciò
fu possibile grazie al forte esercito della Lega. Per dare un
esempio. a mo' di deterrente, egli, nel 1512, saccheggiò
crudelmente Prato e 1500 persone vi persero la vita. Firenze fu
risparmiata, ma si impegnò ad entrare nella Lega, a destituire il
Soderini, a consentire al ritorno dei Medici come privati cittadini.
Ma già sedici giorni dopo il loro rientro vi fu una modifica della
costituzione a loro favorevole: fu deciso di sciogliere il Gran
Consiglio, troppo numeroso per farlo occupare da persone di fiducia.
Nel 1527, quando Roma fu saccheggiata e Clemente VII,
altro esponente della famiglia Medici, dovette fuggire, la grande
famiglia fiorentina fu di nuovo esiliata. Nel 1530, per volere di
Clemente VII, Firenze fu assediata dall'esercito imperiale. Le mura,
sotto la direzione di Michelangelo, furono rafforzate, ma, dopo otto
mesi, la città dovette arrendersi per fame. Era la prima volta dai
tempi delle invasioni barbariche che un esercito nemico entrava in
città. Carlo V impose un bastardo della famiglia Medici, Alessandro,
come reggente e gli promise in sposa una sua figlia naturale,
Margherita. Come condizione per il matrimonio, chiese, tra l'altro,
la costruzione della Fortezza da Basso.
Il periodo della libertà fiorentina era finito
per sempre. Anche se Alessandro fu assassinato da Lorenzino, membro
di un ramo collaterale della famiglia, il suo successore fu un
altro esponente della famiglia Medici, Cosimo, figlio del famoso
condottiero, Giovanni delle Bande Nere. Cosimo fu il creatore
dello stato toscano. A lui riuscì quello che la Repubblica aveva
tentato invano per secoli: conquistare Siena ed il suo vasto
territorio. In seguito a ciò Cosimo fu incoronato dal papa Granduca
di Toscana ed assunse il nome di duca Cosimo I. In una città che per
secoli era stata retta da un governo repubblicano, non era impresa
facile consolidare e conservare il potere. Cosimo rafforzò
l'esercito, costruì fortezze nelle città del suo dominio e
riorganizzò lo stato. Come l'imperatore Augusto, al quale si sentiva
spiritualmente vicino, fece di tutto per dare al suo potere una
espressione evidente. A tale fine, come mai era avvenuto nella storia
di Firenze, fece delle Arti uno strumento di propaganda politica.
Ebbe inizio il tempo dei cortei trionfali, degli addobbi festivi, dei
giochi d'acqua, dei grandiosi ricevimenti e dei costosi sposalizi.
Dopo il suo matrimonio con Eleonora di Toledo, nel
1540, il giovane duca lasciò il palazzo di famiglia in via
Larga e si insediò ostentatamente nel Palazzo della Signoria. A
quello che era stato il simbolo della libertà cittadina fu allora
cambiato il nome in Palazzo Ducale.
EDIFICI
PALAZZO
VECCHIO
La
costruzione iniziò nel 1299 e l'architetto fu Arnolfo di Cambio. La
parte frontale, con la torre alta 94 metri, era già conclusa nel
1302. La parte posteriore, in direzione di via dei Leoni, fu
ampliata in periodi diversi: nel 1343 sotto il Duca di Atene; nel
1494 dal Cronaca su decisione di Savonarola; nel 1549 da Battista del
Tasso sotto Cosimo I; nel 1588 sotto Ferdinando I su progetto
dell'Ammannati. Il palazzo era stato ideato come ufficio e residenza
per i Priori e per il Gonfaloniere di Giustizia. Questi massimi
funzionari della Repubblica, che portavano il titolo di "Signori"
durante i due mesi del loro governo, vivevano come una comunità
conventuale. Severamente sorvegliati, potevano lasciare il Palazzo
solo per questioni inerenti alla loro carica. Nel Palazzo inoltre si
riunivano entrambi i consigli: il Consiglio Speciale ed il Consiglio
Generale. Come nelle altre città del Centro e del Nord Italia,
il Palazzo era il simbolo della libertà cittadina. Dopo il declino
della Repubblica, il duca Alessandro de' Medici fece fondere la
"Vacca", la grande campana che in passato aveva convocato
in piazza il Consiglio Generale e il popolo.
SALONE DEI
CINQUECENTO
La
sala fu realizzata sul finire del Quattrocento su impulso del
carismatico frate domenicano Girolamo Savonarola. Per il governo
della Repubblica il frate promuove l'istituzione di un Consiglio
Maggiore molto numeroso, al quale avrebbero preso parte tutti i
cittadini sopra i ventinove anni che avessero avuto antenati negli
uffici e fossero in regola con le tasse: sarebbero stati più di
mille. Si rese perciò necessaria una grande sala, capace di
ospitare 500 persone per volta. La sala del Gran Consiglio, oggi
detta dei Cinquecento, fu realizzata in tempi molto brevi. Vi furono
le sedute per i Signori e per i Magistrati e le panche per i
cittadini, un piccolo pulpito e un altare decorato da un dipinto. La
sala aveva un aspetto severo.
Cinquanta
anni dopo il contesto politico era profondamente cambiato. Savonarola
era stato pubblicamente messo al rogo in piazza della Signoria e i
Medici erano rientrati definitivamente a Firenze nel 1530 con l'aiuto
delle truppe imperiali. Quando Cosimo I si trasferì nel Palazzo,
negli anni Quaranta del Cinquecento, nacque l'idea di trasformare
l'ambiente nella fastosa "Sala grande". Il duca incaricò
Baccio Bandinelli e Giuliano di Baccio d'Agnolo di intervenire sulla
testata nord per realizzare una "Udienza pubblica", dove
potere ricevere ospiti, messaggeri e ambasciatori. L'impianto
ricordava gli archi trionfali dell'antica Roma. Al centro c'era la
statua di Leone X, primo papa Medici, a sinistra Giovanni delle Bande
Nere, celebre capitano di ventura e padre di Cosimo, a sinistra
ancora Cosimo stesso. A destra c'era la statua di Alessandro, primo
duca di Firenze, poi, di lato, papa Clemente VII che benedice
l'imperatore Carlo V, e infine Francesco, figlio
primogenito di Cosimo. I lavori si trascinarono però negli anni,
tanto che alcune statue furono terminate alla fine del XVI secolo da
Giovanni Caccini.
Nel frattempo, intorno al 1555, il duca incaricò
Bartolomeo Ammannati di realizzare una grande fontana sulla testata
sud, opposta all'Udienza, per la quale lo scultore prevedeva "sei
belle statue di marmo". La fontana non fu mai terminata e le
statue si trovano oggi presso il Museo Nazionale del Bargello.
La trasformazione della sala proseguì con il
progetto di Giorgio Vasari che prevedeva di rialzare il soffitto di
sette metri e decorarlo con episodi celebrativi di Firenze e del
Ducato di Toscana. Le storie dovevano proseguire ancora più
imponenti sulle pareti est e ovest della sala. Una volta acquisita
l'approvazione del duca i lavori procedettero velocemente, tanto che
nel 1565, dopo soli due anni, si poterono celebrare nella sala le
nozze di Francesco I con Giovanna d'Austria. Solo gli
affreschi alle pareti furono realizzati successivamente, tra il 1567
ed il 1571.
Il soffitto mostra allegorie delle città toscane e
del ducato, i quartieri fiorentini e vicende della storia di Firenze.
Al centro vi è la "Esaltazione di Cosimo". Nelle
pareti lunghe sono affrescate le Guerre contro Pisa e contro Siena
(1496 - 1509). Sulla parete di ingresso, iniziando da sinistra:
Vittoria sui pisani presso Torre San Vincenzo nell'anno 1505;
L'imperatore Massimiliano sospende l'assedio di Livorno; Presa
della fortezza di Stampace, presso Pisa. Sulla parete di fronte:
Presa di una fortezza presso Porta Camollia a Siena
(1554); Presa di Porto Ercole e Vittoria presso Marciano
(1554).
LA SAGRESTIA VECCHIA
Fu Giovanni di Averardo de' Medici (1360 - 1429) che assegnò al Brunelleschi l'edificazione della cappella , dedicata al suo santo patrono, l'evangelista Giovanni, perché servisse da monumento funebre a sé e a sua moglie Piccarda Bueri, ma anche a sagrestia della basilica. I lavori iniziarono nell'autunno del 1422 e terminarono quasi sicuramente nel 1428 (tale data si trova nella cuspide della lanterna). Tutto il repertorio decorativo si presume realizzato tra quest'anno e il 1432, cosicché la straordinaria omogeneità, fortunatamente mai compromessa, fa di questo ambiente il più integro e completo capolavoro del primo Rinascimento.
Nella sagrestia si entra per una porta dai battenti elegantemente intarsiati, i cui batacchi, in bronzo dorato, sono modellati in forma di anello con punta di diamante, che è una delle imprese medicee. Alle pareti sono addossati mobili quattrocenteschi in legno di noce, con pannelli intarsiati preziosamente, a motivi di rosoni e anfore fiorite. Su quello di destra è collocato un busto di San Lorenzo, in terracotta, attribuito tradizionalmente a Donatello, ma dove è stata individuata la sensibilità pittorica di Desiderio da Settignano.
LA SAGRESTIA NUOVA
Nel 1520 Michelangelo venne incaricato della costruzione della cappella e della progettazione dei monumenti funebri. Egli dovette lasciare l'impegno per il progetto della facciata di San Lorenzo, a cui stava dedicando notevoli sforzi ideativi. La costruzione durò dal 1520 al 1534, con varie interruzioni, dovute alle vicende - spesso drammatiche - della città e della stessa famiglia Medici: si pensi, per esempio, all'assedio di Firenze del 1530.
VISTE DEGLI EDIFICI
PALAZZO MEDICI RICCARDI IN VIA LARGA (ora via Cavour)
Di Of the individual pictures, Gryffindor, of the
panorama, Roland Geider (Ogre) - Image:Palazzo Medici courtyard Apr
2008
PALAZZO VECCHIO
Cosimo I
Clemente VII benedice l'imperatore Carlo V
PIAZZA DELLA SIGNORIA
Monumento equestre di Cosimo I
CHIESA DI SAN LORENZO
Cosimo il Vecchio, capostipite della famiglia, fu sepolto, per volontà del figlio Piero, all'interno del pilastro quadrangolare che sorregge il presbiterio della Basilica di San Lorenzo e, simbolicamente, le sorti della famiglia Medici. In corrispondenza, davanti all'altar maggiore della chiesa, si trova la lastra tombale in preziosi marmi policromi. Il monumento funebre fu realizzato da Andrea del Verrocchio nel 1464. Nel 1465, la signoria di Firenze appose alla tomba di Cosimo la scritta Pater patriae.
Donatello - Pulpito (di destra)
Crocefisso in sughero di Antonio del Pollaiolo (secolo XV)
La sua fondazione risale ai primi tempi della diffusione del cristianesimo nella colonia romana di Florentia, dove fu importato da piccoli gruppi di orientali che risalivano da Roma l'antico itinerario della via Cassia verso settentrione. Poco all'esterno della cinta muraria della città, su una piccola altura lambita dal torrente Mugnone (successivamente deviato molte volte e sospinto verso la periferia), vennero gettate le fondamenta del sacello del martire cristiano Lorenzo, arrostito sui carboni ardenti durante le persecuzioni ordinate dall'imperatore Valeriano nel 258. La chiesa acquisì grande importanza e conservò le spoglie di Zanobi, leggendario pastore della primitiva chiesa fiorentina fino alla costruzione della nuova cattedrale dedicata a Santa Reparata nel secolo XI.
Nel 1045 il vescovo Gerardo di Borgogna iniziò la seconda fase costruttiva della chiesa, completata nel 1060, quando lo stesso, divenuto nel frattempo papa Niccolò II, procedette ad una nuova consacrazione.
Nel 1418 Giovanni di Bicci de' Medici prese l'impegno di modificare radicalmente l'architettura della chiesa. L'incarico venne affidato al più qualificato esponente della corrente figurativa progressista in Firenze: Filippo Brunelleschi. Il primo ambiente che venne realizzato nella nuova forma architettonica fu la sagrestia, ovvero la cappella dedicata al santo patrono dei Medici, Giovanni evangelista, che doveva anche servire da sepoltura al committente ed alla moglie Piccarda Bueri. Alla morte di Giovanni nel 1429 la sagrestia era già completata.
Il figlio Cosimo si impegnò a portare a termine la costruzione della chiesa, nonostante stesse costruendo il nuovo palazzo di famiglia, che doveva affacciarsi nella piazza di San Lorenzo. Inoltre l'architetto Filippo Brunelleschi era impegnato in quel periodo nella costruzione della cupola della cattedrale. I lavori proseguirono quindi lentamente, anche se i Medici erano nel frattempo diventati i dominatori di Firenze. Nel 1446 morì Filippo Brunelleschi ed il suo posto fu preso dall'allievo Antonio di Manetto Ciaccheri. Nel 1464 morì Cosimo il Vecchio e fu sepolto sotto il presbiterio della chiesa, nel pilastro di sostegno. Con il figlio Piero "il Gottoso" la basilica assunse definitivamente le caratteristiche di chiesa di famiglia.
Papa Leone X volle fare della "Sagrestia Nuova" il mausoleo del padre Lorenzo e dello zio Giuliano e dei due "Duchi", Lorenzo di Urbino e Giuliano di Nemours. La costruzione fu affidata a Michelangelo che avrebbe dovuto anche dotare la basilica di una nuova facciata. Divenuti granduchi, a cominciare da Cosimo I, i Medici iniziarono la costruzione della "Cappella dei Principi", sormontata da una grande cupola. Il progetto fu interrotto dopo la morte di Giangastone nel 1737. L'ultima dei Medici, la Elettrice Palatina Anna Maria Lodovica fece costruire il campanile, lavorato con grazia settecentesca da Ferdinando Ruggeri (1740).
LA SACRESTIA VECCHIA
Esterno della cupola della Sagrestia Vecchia
Veduta interna della cupola
Interno della Sacrestia Vecchia
CAPPELLE MEDICEE
LA SACRISTIA NUOVA
Monumento a Lorenzo de' Medici, duca di Urbino
Monumento a Lorenzo de' Medici - L'aurora di Michelangelo
Monumento a Lorenzo de' Medici - Il crepuscolo di Michelangelo
La tomba del duca di Urbino (1492 - 1519), nipote di Leone X, è stata realizzata da Michelangelo nei suoi ultimi anni di permanenza a Firenze tra il 1531 e il 1532. Lorenzo, destinatario del
Principe di Machiavelli, è raffigurato pensieroso e il suo atteggiamento riflessivo è in sintonia con le allegorie del Tempo poste ai lati del suo sarcofago. L'Aurora pare risvegliarsi dal torpore del sonno mentre il Crepuscolo, abbandonato in una dolorosa inerzia, sembra essere in procinto di assopirsi.
Tomba di Giuliano, duca di Nemours
Il duca di Nemours (1478 - 1516), fratello di Leone X, viene raffigurato da Michelangelo in veste di capitano con il bastone del comando in mano. Sulle volute dei sarcofago si trovano distese le statue del Giorno (a destra) e della Notte (a sinistra), che ricordano lo scorrere inesorabile del tempo. Il Giorno, nelle vesti di un uomo dalla muscolatura possente, ha il volto incompiuto. La Notte si presenta come una giovane donna addormentata, dal corpo levigato e lucente, intriso di luce lunare.
San Cosma, Madonna con il Bambino, san Damiano
Sopra il sepolcro che accoglie le spoglie di Lorenzo il Magnifico, morto nel 1492, e di Giuliano de' Medici (ucciso durante la Congiura de' Pazzi del 1478), si trovano tre sculture, al centro delle quali è la Madonna con Bambino, opera autografa di Michelangelo del 1521. A sinistra è san Cosma di Giovan Angelo Montarsoli, a destra san Damiano di Raffaello da Montelupo. Le sculture furono qui collocate da Vasari nel 1554.
LA STANZA SEGRETA
Per tre mesi Michelangelo Buonarroti visse in una stanza segreta
nelle Cappelle Medicee di Firenze. Lì l'autore del David e degli affreschi della
Cappella Sistina si rifugiò nel 1530 per sfuggire alla vendetta dei Medici in
esilio dopo il suo tradimento in favore dei ribelli della rivolta popolare che
li aveva spodestati. E in quella stanza segreta di soli sette metri per due, e
una sola finestra verso l'esterno, e da cui si accedeva da una botola nella
Basilica di San Lorenzo, Michelangelo riempì la sua solitudine disegnando a
carboncino le sue riflessioni su vecchi lavori, su quelli che stava facendo
come la Sacrestia Nuova con le Cappelle Medicee e iniziando a concepire quelli
che avrebbe voluto fare una volta sopravvissuto a quei drammatici mesi.
GIARDINO DI BOBOLI
Lorenzo il Magnifico
Lorenzo de’ Medici è passato alla storia come “il Magnifico” e come tale era già riconosciuto dai suoi contemporanei. A tal punto la magnificenza fu il suo tratto distintivo che egli è il Magnifico per antonomasia, l’unico. Legata all’onore e alla liberalità, la magnificenza è una delle virtù civili esaltate da Cicerone e riprese dagli umanisti fiorentini del Tre-Quattrocento. Certo, la smisurata ambizione e la brama di primeggiare in ogni campo lo portarono a fare insediare nelle magistrature e nelle cariche pubbliche non i migliori fra i suoi pari, bensì coloro che riteneva dipendessero unicamente dal suo appoggio. Però seppe anche aumentare come nessun altro la sua gloria e quella della sua città. E non con le vittorie militari, come avveniva nell’antichità, ma promuovendo le lettere e tutte le arti. Egli vide nel sapere la via per unire gli uomini in un cammino di ascesa e liberazione culminante nella rivelazione cristiana.
Cortile interno di Palazzo Medici Riccardi
Nel 1480 Lorenzo de' Medici incaricò l'architetto Giuliano da Sangallo di costruire una residenza estiva nella località di Poggio a Caiano. Di particolare rilievo sono la galleria e i due bracci della scalinata.
UFFIZI
SIMONETTA VESPUCCI
E’ difficile ricostruire le origini di Simonetta Vespucci, per la quasi totale assenza di documenti e testimonianze dirette. Fondamentale risulta un’annotazione contenuta nel Catasto fiorentino del 1469-1470, nel libro relativo al quartiere di Santa Maria Novella. Qui, al gonfalone dell’Unicorno, risulta registrata la famiglia di Piero Vespucci, composta, tra gli altri, dal figlio “Marco di Piero di Giuliano età d’anni XVI” e da “Simonetta di messer Guasparri Catani sua dama d’anni XVI”. Si deduce così che Simonetta doveva essere nata intorno al 1453 da Gaspare Cattaneo della Volta, di antico lignaggio, e da Cattocchia (Caterina) Violante Spinola. La madre aveva sposato in prime nozze Battista Fregoso, uomo d’armi e doge genovese per un solo giorno!
Il luogo della nascita, invece, rimane incerto, individuato dagli studiosi alternativamente in Genova o in Portovenere, dove la famiglia aveva dei possedimenti.
Intorno al 1457, durante il dogato di Pietro Fregoso, figlio di primo letto di Cattocchia, Genova conobbe un periodo di lotte intestine che costrinse la famiglia di Simonetta a lasciare la città e a rifugiarsi a Piombino, presso la corte degli Appiano, a cui era legata da vincoli di parentela. Fu Jacopo III di Appiano, signore di Piombino, a fare da tramite per il matrimonio di Simonetta. Egli assegnò addirittura una cospicua dote alla futura sposa, ricavandola dalle rendite derivanti dalle miniere di ferro che possedeva nell’isola d’Elba. Lo sposo prescelto era il coetaneo Marco Vespucci, cugino del più noto Amerigo. Appartenente a una prestigiosa famiglia di mercanti, egli poteva vantare, tra l’altro, anche una solida relazione con la famiglia Medici. Il matrimonio di Simonetta fu dunque l’occasione, per il signore di Piombino, di avvicinarsi alla famiglia egemone fiorentina e di gettare le basi per una futura alleanza, che si concretizzò poi nel 1482, grazie all’unione della figlia Semiramide con Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, detto “il Popolano”.
La vita fiorentina di Simonetta dovette trascorrere tranquilla, nella modestia e riservatezza richieste alle donne del suo rango, tanto che le (scarse) notizie che abbiamo di lei si deducono solo in maniera indiretta, leggendo la corrispondenza di altri membri della sua famiglia. La bella Cattaneo si spense ancora giovane, a soli 23 anni di età. Che cosa accadde, allora, per consacrarla alla fama? Fondamentale fu la giostra che si disputò a Firenze in piazza Santa Croce nel 1475, vinta da Giuliano de’ Medici e a lei dedicata. Il torneo ebbe infatti delle ricadute culturali importanti, ancora oggi evidenti in numerose opere d’arte e di letteratura.
Fu Lorenzo il Magnifico stesso a distinguersi per primo in uno di questi tornei cavallereschi, che giocò e vinse il 7 febbraio 1469. L’avvenimento segnò, a pochi mesi di distanza dal matrimonio per procura con la romana Clarice Orsini, il definitivo passaggio all’età adulta del rampollo Medici, ormai ventenne. La giostra di Lorenzo presenta evidenti similitudini con quella, di pochi anni successiva, che ebbe come protagonista il fratello minore. Entrambe vennero ideate dagli intellettuali che gravitavano intorno alla famiglia e furono concepite come un racconto cavalleresco, con protagonista un prode cavaliere (il giovane Medici) costretto a superare prove ed ostacoli per conquistare il cuore della dama amata. Entrambe vennero celebrate a posteriori da poeti della cerchia medicea: Luigi Pulci mise in rima la giostra di Lorenzo mentre al Poliziano toccò l’onore di cantare le gesta di Giuliano.
Ma chi erano le donne amate tanto vagheggiate dai due cavalieri? Nel caso di Lorenzo si trattava di Lucrezia Donati, nobildonna fiorentina e sposa di Niccolò Ardinghelli, mentre il cuore di Giuliano batteva per la bella Simonetta che, come precedentemente ricordato, all’epoca della giostra era maritata da ormai qualche anno a Marco Vespucci.
Due donne sposate e quindi impossibilitate a ricambiare il loro sentimento. Come potè, allora, non essere motivo di scandalo l’aperta ammirazione nei loro confronti? Proprio grazie agli ideali cavallereschi dell’amor cortese e alla trasformazione dell’amore terreno, passionale, in tensione capace di elevare moralmente e spiritualmente.
Nelle Stanze per la giostra del Magnifico Giuliano di Pietro dei Medici, opera in ottave rimasta incompiuta, il giovane cavaliere assume le sembianze di un cacciatore insensibile all’amore, Iulio, che viene attirato in un tranello dal risentito Cupido e si innamora della ninfa Simonetta. Per conquistare il cuore della casta ninfa, Iulio dovrà dimostrare il suo valore vincendo un torneo ed avviandosi lungo un percorso di formazione e maturazione che lo porterà a sublimare il suo amore. Ecco come il Poliziano descrisse la ninfa: “Candida è ella, e candida la vesta / Ma pur di rose e fior dipinta e d’erba: / Lo inanellato crin dell’aurea testa / Scende in la fronte umilmente superba. / Ridegli attorno tutta la foresta, / E quanto può sue cure disacerba. / Nell’atto regalmente è mansueta; / E pur col ciglio le tempeste acqueta”.
L’amore platonico tra Giuliano e Simonetta non era destinato a durare, stroncato dalla morte prematura di entrambi i giovani. La Cattaneo si spense l’anno successivo alla giostra, probabilmente a causa della tisi. A nulla valsero gli sforzi della famiglia e l’interessamento di Lorenzo il Magnifico per salvarla dalla malattia che l’aveva colpita.
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